Anche a piccole dosi il movimento fa bene: la giusta ricetta per ciascuno
Il British Medical Journal propone di superare l’idea che siano necessarie almeno due ore e mezza di allenamento la settimana, perché è un obiettivo che scoraggia molti
Di
Elena
Meli per IL Corriere Della Sera.it
Con
circa 24 milioni di italiani che non muovono un passo, il nostro
Paese ha ottenuto il poco invidiabile privilegio di essere incluso
fra i 20 più sedentari al mondo. Peccato che secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità la mancanza di esercizio
fisico sia una delle cause principali di mortalità e sia associata a
una maggior probabilità di malattie cardiovascolari, diabete,
tumori.
Come
convincere un «popolo sedentario»
Pare
perciò fatta apposta per noi la recente proposta dell’Academy of
Medical Royal Colleges inglese di coniare una nuova malattia, la
sindrome della morte da sedentarietà: a prima vista può sembrare
una boutade, ma anche la Federazione Medico Sportiva Italiana tempo
fa aveva proposto di considerare la pigrizia una vera patologia. Lo
scopo è convincerci che dovremmo fare attività fisica, ma tirar
fuori di casa un popolo di poltroni non è facile, così rinfranca
scoprire sulle pagine del British Medical Journal che c’è chi
propone di accontentarsi di obiettivi più abbordabili rispetto ai
150 minuti di allenamento settimanali considerati il minimo sindacale
dall’OMS e da molte linee guida internazionali. Due diversi studi
osservano infatti che per molti l’idea di dover arrivare a due ore
e mezzo di esercizio a settimana è scoraggiante: «Forse dovremmo
focalizzarci di più su chi è del tutto inattivo per spronarlo a
muoversi almeno un pò, sottolineando i benefici che apporta una pur
piccola “dose” di esercizio fisico — sottolineano gli autori —.
Alcune ricerche indicano che anche con un’ora di attività moderata
o vigorosa a settimana si ha una minima riduzione della mortalità.
Non proponiamo una marcia indietro dalla quantità di moto
raccomandata, ma per chi non ci arriva possiamo tentare traguardi
intermedi».
Durata
e intensità degli allenamenti però sono importanti
L’obiettivo
è che tutti prendano la “medicina” attività fisica.«Come un
farmaco, però, se ne prendiamo troppo poco non fa effetto —
puntualizza Gianfranco Beltrami, docente del corso di laurea in
Scienze motorie dell’Università di Parma e membro del consiglio
direttivo della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) —.
Camminare per dieci minuti di quando in quando non serve granché:
certo è sempre meglio di niente, soprattutto in presenza di
patologie, ma non crogioliamoci nell’idea che sudare sia inutile
per ottenere benefici consistenti sulla salute e la forma fisica».
Perché muoversi faccia davvero bene serve insomma impegnarsi
davvero, senza “sconti” su durata e intensità degli allenamenti,
a meno di avere problemi di salute che impongano di faticare poco. La
conferma arriva da una ricerca australiana su oltre 200 mila persone
seguite per oltre sei anni, appena pubblicata su JAMA Internal
Medicine: un’attività fisica vigorosa “taglia” il rischio di
mortalità assai di più di una soltanto moderata.
Il
giusto equilibrio
Allora,
qual è la dose giusta del farmaco-allenamento? «Non esiste una
risposta valida per tutti, sempre: anche affidarsi alle formule per
calcolare la frequenza cardiaca ideale in base all’età può essere
fuorviante, perché conta la condizione fisica complessiva —
osserva Beltrami —. Il primo passo di chi decide di fare movimento
è valutare con una prova da sforzo la propria reale frequenza
cardiaca massima e il consumo massimo di ossigeno: poi è possibile
determinare durata, frequenza e intensità dell’allenamento, da
scegliere in modo che sia completo. Non va bene, infatti, puntare
solo su un’attività aerobica e ad esempio dedicarsi soltanto alla
corsa: vanno sempre associati esercizi anaerobici di potenziamento e
lo stretching, perché per essere davvero in salute contano anche
forza muscolare, flessibilità, equilibrio. Capita spesso di vedere
persone che praticano jogging con regolarità ma sono in condizioni
fisiche scadenti perché hanno i muscoli “rattrappiti”, un torace
poco espanso e la muscolatura respiratoria poco tonica. Inoltre, la
“dose” di movimento cambia man mano che passano i mesi, perché
con l’allenamento si fanno progressi e l’intensità degli sforzi
può crescere».
Qualche
consiglio pratico
Posto
che ciascuno deve trovare la sua “ricetta”, perché un programma
troppo pesante per un quarantenne con la pancetta può essere una
passeggiata per un trentenne in piena forma, esistono raccomandazioni
sempre valide per affrontare l’esercizio fisico nel modo migliore?
«La parola d’ordine per ottenere risultati è costanza: quattro
ore di sport alla domenica fanno meno bene di un’ora di moto
ripetuta per quattro giorni alla settimana — raccomanda Beltrami —.
Un allenamento sfiancante tutto in una volta non permette di
migliorare davvero le proprie performance né lo stato di salute.
L’ideale sarebbe fare movimento tutti i giorni per 45-60 minuti, ma
volendo essere realisti il “dosaggio” di un’ora di attività
fisica a giorni alterni può essere un buon obiettivo per chiunque.
L’importante è trovare il grado di sforzo giusto: non deve essere
troppo poco, perché altrimenti non ci si allena davvero, ma non si
deve neppure esagerare altrimenti si rischia di trarne più svantaggi
che benefici. Mantenersi entro il 70-80 per cento della propria
frequenza cardiaca massima è l’ideale».
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