Soldini,
il "maestro" della Sydney-
Hobart : "Io, ammalato di
oceano
ma ora vendo la barca"
La
"classica" tra l'Australia e la Tasmania, lo skipper
italiano tra i grandi della regata più amata dell'emisfero sud.
Quarto all'arrivo, dietro due barche americane e una australiana. In
partenza erano oltre 100. Intervista dopo l'arrivo, tra gli applausi
dei rivali e l'omaggio degli "aussi" al navigatore italiano
che li ha lasciati (quasi) tutti dietro

Soldini
con l'equipaggio dopo l'arrivo (ansa)
Ora
se ne sta qualche momento placido sulla barca, la Maserati, a
salutare gente di mare tutti i continenti che gli fa i complimenti, e
si gode felice quel "maestro", così ha scritto di lui il
comunicato ufficiale del rude Cruising Yacht Club of Australia,
argomentando così il tributo: "Se cercate una lezione su come
affrontare la Sydney-Hobart - cosa fare e cosa non fare - non andate
lontano, rivolgetevi all'"Italian maestro" Giovanni
Soldini, skipper del Volvo 70 Maserati". Lezione di
marineria il quarto posto di Giovanni Soldini (su 108 in
partenza) nella
regata più difficile e seguita dell'emisfero australe, quella
che dal '45 si corre ogni anno il giorno di Santo Stefano e che
richiama un circo di barche, soldi, sponsor e villaggi-regata che
fermano il paese per una settimana, con la diretta via radio, tipo
finale dei Mondiali di calcio. Lui
finito dietro solo a tre barche-fenomeno,
più lunghe di dieci metri della barca italiana e dunque di potenza
moltiplicata. Tre Ferrari avanti a una Mini abarth che duellava, ma
la piccola poi ne ha lasciato dietro altre decine, tutte quante
assatanate, tutte in scia ma lontane, lontane. Va anche detto che
Comanche, la barca vincitrice, ha come skipper un tipetto, Ken Read,
che dopo aver subito una avaria grave al comitato di regata ha
ululato via radio "anche zoppicando, ma finirò questa maledetta
regata!", e gli dei del mare, insieme a rapide aggiustature di
fortuna, lo hanno sospinto oltre il traguardo. Coraggio e sapienza
marinara, tecnologia spintissima ma anche saper fiutare il vento,
studiare le nuvole, fortuna, esperienza e l'oceano come un libro che
si sa leggere.
Sydney-Hobart, regata dei duri: Giovanni Soldini al quarto posto
Navigazione per la galleria fotografica
Tutto
bene, veloce, per Soldini, a parte qualche ora di vento zero e i
concitati momenti della partenza, che potevano creare un disastro
totale, l'aver acchiappato con la chiglia le cime delle boe del campo
di regata, quello che spesso capita ai marinai della domenica che
sbagliano la manovra e si infilano nei pasticci. Solo che lì erano
già in corsa contro i grandi, che rischiavano tanto in reputazione e
penalità. "Avevamo fatto quella manovra cento volte, prima,
senza avere nessun problema. E invece è successo il casino. Superato
velocemente e bene? Beh, due di noi si sono dovuti tuffare e lì la
baia è piena di squali, vera fifa, da morire di paura". "Cosa
farò dopo l'Australia? Tanti progetti, ancora da vedere, ma ora la
barca è in vendita, ne cerchiamo un'altra forse più grande,
vedremo. Certo che qui cercheremo di tornarci anche se il viaggio
dall'Italia è bello lungo. E forse mia moglie mi uccide".
Giovanni Soldini, l'arrivo a Sydney tra gli appalusi

Condividi
Giovanni Soldini, quale è stata la svolta della Sydney-Hobart?
"Al passaggio del fronte freddo abbiamo fatto scelte tattiche importanti, siamo andati molto a est per sfruttare i giri di vento, come se per andare da Milano a Roma avessimo fatto un salto in Sardegna, molto più in fuori degli altri, per poi ritrovarci però molto avanti rispetto al resto della flotta grazie agli angoli di vento più favorevoli che ci facevano correre alla grande".
Sydney-Hobart: la partenza

Condividi
In partenza sapevate che era in arrivo una tempesta pericolosa. Nessun timore?
"No, io le cerco le bufere per sfruttare meglio il vento. E poi l'equipaggio era perfettamente all'altezza e la barca era preparata da dio. E' lì che siamo riusciti davvero a competere con i maxi, le barche più grandi, anche se loro avevano l'enorme vantaggio di avere dei winch idraulici e dunque di non fare nessuna fatica fisica durante le virate. Con l'assurdità che per fare funzionare quegli argani elettricamente devono tenere sempre il motore acceso, insomma vanno a vela tutto il tempo con quel rumore di sottofondo. Con la puzza, il gasolio bruciato e l'inquinamento che produce. Io sono fiero di avere una barca pura, così come restano puri i grandi trimarani, la prima regola dell'andare a vela è usare la forza del vento e quella umana e basta, e noi nelle manovre usiamo solo quella, sarebbe stata una regata molto più interessante se avessero vietato sui maxi l'aiuto dell'elettricità. Insomma con tanto vento non abbiamo avuto nessun problema, nellecalme invece abbiamo sofferto molto per la minor lunghezza e i minori metri quadrati di vela".
Risultato eccellente qui nel regno dei velisti dell'emisfero sud. Qualcuno ci è rimasto male?
"Ma va là. Ci conosciamo quasi tutti, stiamo a bere insieme. Però mi è piaciuto quel "maestro". Carini, no?"
Soldini alla Sydney-Hobart: "Qui è come Capo Horn"

Condividi
Quasi 50 anni, niente più da dimostrare nel mondo della vela. Perchè non godersi le onde in pattino in qualche spiaggia monegasca...
"No, non mi fermo. Ho il problema che mi piace andar per mare, mi diverto ancora un sacco e con l'esperienza si compensa l'avanzare dell'età. Penso ai grandi francesi come Loick Peyron, 56 anni, e Francis Joyon, 59 anni, che si rincorrono sui grandi trimarani per il giro del mondo più veloce, il trofeo di Jules Verne. Ho ancora molto da fare".
Però la barca è in vendita, addio a Maserati...
"Sì, ma per fare qualcos'altro, un'altra barca, certo, spero più grande, ma ancora non sappiamo con certezza, comunque progetti nuovi"
Sono ben pochi in Italia che possono inseguire la stessa scia. Perché da noi è così difficile fare vela di alta competizione internazionale?
"Ma dai, stiamo migliorando. Nelle regate atlantiche dei Mini ci sono stati tanti exploit di skipper italiani, si stanno muovendo delle cose. Penso a Pedote, a Zambelli e molti altri. Certo, non siamo la Francia, questione di cultura, di mancanza di strutture, di finanziamenti, di approccio verso questo mondo. Ma il discorso è lunghissimo, stiamo fino a domani. Certo, intanto questi giovani bisogna saperli aiutare, vanno sostenuti da subito".
Qui in Italia stiamo soffocando di inquinamento, c'è chi si inventa danze delle piogge, si prega che arrivino bufere di vento non per volare a vela ma per spazzare via smog e polveri chimiche. Ti fa riflettere questo mondo malato?
"Vedevo giusto qualche giorno fa la mappa dell'inquinamento mondiale. Il 90% per cento dello sporco è nell'emisfero nord, nelle nostre latitudini. Una piaga. E qui in Australia, che non ha inquinamento, c'è un buco dell'ozono da far paura, la gente ha paura a prendere il sole. Sono decenni che diciamo che il pianeta si sta scaldando, che soffoca e stiamo continuando a combinare disastri su disastri. Poi come possiamo stupirci se la natura si incazza?"
di di SIMONA CASALINI per Repubblica.it
Nessun commento:
Posta un commento