Renzi non è in declino, ma deve governare
Editorial
Director, L'Huffington Post
Volano
sicuramente stormi di uccelli intorno a Matteo Renzi. Ma stavolta si
tratta di avvoltoi. Nei commenti postelettorali già si avverte nelle
corde delle élite del Paese una sorta di ridimensionamento del
potere del "giovane premier". L'Italia è così - eccessiva
nelle lodi e precipitosa negli abbandoni.
Ma
la verità è un'altra: Matteo Renzi non era così forte quando un
coro gli ripeteva che sarebbe durato vent'anni, e oggi non è così
debole come lo vogliono i critici e molti ex ammiratori. Gli ultimi
appuntamenti elettorali sono sono stati un voto di mid-term, una
verifica dell'azione del leader: e la realtà ha fatto prepotente
irruzione nel mondo di Palazzo Chigi. Per Renzi è arrivato il
momento di dimostrare di che pasta è fatto.
*****
Vediamo
intanto con precisione di cosa parliamo. Dalle urne esce un altro
ridimensionamento del Pd, parte però di un vero e proprio trend: tra
astensione, spaccature interne e sconfitte vere e proprie, dal voto
in Emilia Romagna in poi nelle urne si sono fatte visibili l'ampiezza
e l'irreversibilità della crisi del Pd.
Che
il partito non funzionasse d'altra parte si sapeva: se non fosse
stato così, Matteo Renzi non lo avrebbe scalato con la facilità e
lo slancio con cui ha vinto. Ma ora si può aggiungere che nemmeno
l'arrivo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi è bastato a tamponare
questa crisi.
Di
chi è la colpa? La reazione in queste prime ore è purtroppo ancora
una volta la stessa: renziani che accusano la sinistra dem (in
questo caso a Venezia)
e antirenziani che puntano il dito sui candidati del premier (ad
Arezzo).
Ma lo scaricabarile è un modo classico per non capire nulla, e non
cambiare nulla. Da queste elezioni non esce nessun vincitore, dentro
il Pd. È il partito tutto, nella versione governativa o di sinistra,
che perde colpi. Ed è il partito tutto che condivide la
responsabilità di non aver preso davvero atto della sua crisi.
Un
po' di mesi fa ho scritto di una falla nel governo di Renzi, della
sua mancata "connessione sentimentale" con il Paese: fu
in occasione dell'alluvione di Genova,
dove il premier, sempre così presente in tanti eventi, non andò.
Palazzo Chigi rispose che il presidente del Consiglio sarebbe andato
solo per "portare soluzioni". Genova non ha evidentemente
atteso. È un esempio tra molti: il rapporto di distanza con l'Italia
non ha mai davvero fatto progressi nel cuore del nuovo Pd. Questo non
è mai stato un governo che mostrasse "pietas" - ha messo
avanti la polemica riformista con i sindacati al gesto di schierarsi
con i disoccupati, ha preferito fare rischiosi giochi di equilibrio
giuridico-verbali invece di affrontare di petto la disgregazione dei
governi e delle varie classi dirigenti locali. Né è stato aiutato
Renzi dalla sua stessa minoranza, che a sua volta ne ha condiviso il
difetto: tanto ferma sulle questioni interne del partito, tanto
assente nel rapporto con la realtà. Ricordate voi una parola della
minoranza sui migranti, sulle giunte in difficoltà, sull'Europa
stessa?
E
se il premier ha pensato di risolvere il suo rapporto con il Paese
con un rito di seduzione continua e subliminale - la dannatissima,
ridicola, cosiddetta "narrativa" costruita come un
videogame, in senso letterale - i dissidenti dem hanno finito con il
difendere del Pd solo un passato sui cui era evidente che fossero
già' caduti.
Difficile
oggi non vedere (e lo si è anche scritto) che il Pd tutto si è
rinchiuso nel quadrilatero del potere romano. La politica si è
sussunta nell'estenuante gioco di maggioranze che cambiavano in aula,
battaglie feroci su emendamenti, condotte a botte di trucchi
parlamentari e personali. Mai governo è stato più' politicista del
primo governo Renzi.
Fino
a che la realtà espulsa si è presentata insalutata ospite alla
porta del meraviglioso futuro che si aspettava. Si è presentata
sotto forma di crisi dei profughi. Sotto forma di egoismo
dell'Europa. Sotto forma di inchieste giudiziarie. Sotto forma di
crisi delle gestioni delle città e del territorio. Ma ancora non è
stata vista. Con il risultato di aver lasciato spazio a una nuova
destra, e aver provocato altra disaffezione tra gli iscritti del Pd
che, evidentemente, non sono più sicuri che il partito stia dando
loro una guida, e ancor meno soluzioni.
Ieri
una giovane donna, Cecilia
Strada,
figlia di Gino Strada, fortemente impegnata nel sociale, ha raccolto
questo spirito dei tempi, con una lucidità che lascia senza replica.
Nel suo blog ha scritto:
"Risposta collettiva per tutti quelli che "perché non ospiti i profughi a casa tua, eh?": e perché dovrei? Vivo in una società e pago le tasse. Pago le tasse così non devo allestire una sala operatoria in cucina quando mia madre sta male. Pago le tasse e non devo costruire una scuola in ripostiglio per dare un'istruzione ai miei figli. Pago le tasse e non mi compro un'autobotte per spegnere gli incendi. E pago le tasse per aiutare chi ha bisogno. Ospitare un profugo in casa è gentilezza, carità. Creare - con le mie tasse - un sistema di accoglienza dignitoso è giustizia. Mi piace la gentilezza, ma preferisco la giustizia".
Vogliono
in fondo poche cose i cittadini d'Italia: vorrebbero città senza
spazzatura e senza pericoli, vorrebbero scuole di qualità, una idea
chiara di cosa ci succede nella vasta crisi che ci sta cambiando
tutti, una qualche verità sulla nostra economia, la certezza di
essere trattati tutti allo stesso modo, senza favoritismi. E la
sicurezza infine che il proprio denaro conferito al pubblico non sia
il bancomat di squadre di imprenditori e politici che si sentono
autorizzati a usarlo proprio in quanto pubblico.
Non
c'è questione morale in tutto questo. C'è questione di regole, che
è molto di più. Le regole sono il fluido che muove il mondo
concreto in cui viviamo. Stabilire queste regole e farle rispettare
significa governare. Purtroppo alla fine non si può' che concludere
che il decisionista Renzi oggi è in difficoltà per troppo poco
governo delle cose.
*****
Ma
è questo l'inizio del suo declino? Ovviamente no. E non perché è
giovane ed energico come si ama dire - queste virtù si usano per I
cavalli.
Renzi
non ha concluso perché suo è il tema dell'Italia di oggi: il
cambiamento. L'ha imposto lui, ed è ancora nelle sue mani, perché
la destra non ha cambiamento da proporre ma i soliti vecchi schemi di
nazionalismo e localismo. La destra è malata di nostalgia, e Renzi
ancora no.
Questo
è il suo vantaggio strategico.
Ma
ora è il momento per lui di capire come interpretarlo. Se nel modo
verticista e politicista quale è stato finora, o affondando le mani
nei problemi.
Non
è un caso che solo il jobs act per quanto discussa da molti, abbia
avuto risultati, perché azione concretissima. Altre cose si possono
fare, e subito.
Sugli
immigranti - che definiranno il nostro futuro - è ora di decidere
come affrontare questa crisi. Se questo ci costerà uno scontro con
l'Europa, un'azione di rottura, va bene. Non si può obbedire
all'egoismo politico di questa istituzione comunitaria.
C'è
poi il nodo del governo dei territori. Che faranno i nuovi
governatori eletti con questo voti dimezzati? Che progetti hanno?
Renzi dovrebbe ottenere da loro una sorta di carta programmatica che
ne unifichi l'azione invece di lasciarli alle loro sparse autonomie -
a partire dallo scioglimento del nodo De Luca.
Infine
le città. Prima fra tutte Roma. A mio modesto parere questa melina
di parole che avvolge il futuro del Comune, queste inchieste sul
ricambio del Pd, appaiono solo un fumogeno agli occhi dell'elettore.
La verità su Roma è che la Capitale non funziona non tanto perché
c'è Mafia Capitale, ma perché è piena di spazzatura e violenza.
Marino si dovrebbe dimettere per le condizioni in cui si presenta al
mondo la Città Eterna, per lo stato dei suoi parchi, delle sue
stazioni e dei suoi mezzi pubblici. Buzzi lo lascerei ai magistrati.
Uguale la storia di Milano, o Napoli. Tutte città in uno stato di
crisi non dichiarata. Napoli muore da tempo, a volte senza benzina
per gli autobus, a volte per un traghetto che si incendia, spesso per
chiusura di negozi o per disoccupazione crescente. Altro che Gomorra.
E a Milano un sindaco gentile che non vuole cavalcare il suo disagio
sta andando via e solo i gonzi credono che lo faccia perché è
stanco.
È
tempo insomma che Renzi cominci a governare.
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